Weekend, il film sull’amore omosessuale che non piace alla Cei

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A cinque anni dalla sua realizzazione, era il 2011, e dopo più di 20 riconoscimenti internazionali (dal British Independent Film Award all’Outfest Los Angeles, passando pure alla VI edizione del Festival del Cinema di Roma) arriva oggi in Italia Weekend, di Andrew Haigh.

L’opera prima del regista britannico, divenuto noto per il suo film successivo 45 anni con Charlotte Rampling, sarà tuttavia visibile in appena 10 sale su tutto il territorio nazionale e in nemmeno una sotto Roma.

Il distributore indipendente Teodora Film spiega che ciò è dovuto sia per l’affollamento di titoli usciti in concomitanza che per il giudizio negativo della Commissione Nazionale Valutazione Film (CNVF) della CEI, che preclude molte sale del circuito di qualità, spesso anche gestite da laici.

Secondo gli anacronistici criteri di valutazione della Commissione della Conferenza Episcopale Italiana il film di Andrew Haigh è stato giudicato “sconsigliato, non utilizzabile e scabroso” e le tematiche trattate dalla pellicola ridotte a droga e omosessualità.

La colpa è di aver portato sul grande schermo “un’onesta, intima e autentica storia d’amore”, come l’ha definita il regista, tra due giovani uomini, nata dopo l’avventura di una notte.

Cesare Petrillo di Teodora al Fattoquotidiano.it ribatte: “Di fronte ad una vetusta e omofoba categorizzazione come questa nessuno mi toglie dalla testa che non avrebbero usato le stesse parole se la coppia fosse stata eterosessuale. Questi giudizi dimostrano l’orrore provato per il corpo maschile e verso l’omosessualità da parte di una Chiesa Cattolica ferma a secoli fa”.

Un giudizio, quello della CNVF, che peraltro stride fortemente rispetto al pressocché unanime plauso di critica e pubbblico a livello internazionale.

Alla fine resta sempre irrisolta l’annosa questione della distribuzione cinematrografica, soprattutto dei film indipendenti, di piccole produzioni low budget e opere prime, che affrontano coraggiosamente tematiche controverse o lontane dal mainstream, e spesso relegati alla sola circuitazione di festival e rassegne dedicate.

Se da un lato quindi le grandi produzioni e distribuzioni creano una sorta di cartello che decide le sorti commerciali dei titoli da promuovere nelle sale, dall’altro concorre pure questa sorta di censura preventiva operata dalla CEI le cui “valutazioni morali ai fini pastorali” – è bene sottolinearlo – “sono vincolanti per la programmazione delle Sale dipendenti dall’Autorità Ecclesiastica”. E tra queste non ci sono solo piccoli cinema parrocchiali, ma molte sale del cosiddetto circuito d’eccellenza, i cinema d’essai. Sale che, seppur a gestione laica, sono obbligate ad attenersi alle indicazioni della CNVF, che può quindi vietare, come in questo caso, la proiezione di film che di contro hanno già ottenuto il visto dalle Commissioni di revisione cinematografica del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali.

 

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